Nel corso della cerimonia commemorativa tenutasi a Mauthausen presso il Monumento italiano il giorno 15 maggio 2016 è intervenuta Floriana Maris, presidente della Fondazione Memoria della Deportazione e vice-presidente del CIM (Comitato Internazionale Mauthausen). Ne riportiamo per esteso il discorso:
La nuova cerimonia per la liberazione del campo di Mauthausen – a cui a breve parteciperemo – prevede una nuova coralità tra le diverse nazioni. Il delegato di ogni nazione leggerà, nella propria lingua madre, una parte del giuramento di Mauthausen, l’appello-giuramento che i superstiti cecoslovacchi, spagnoli, tedeschi, italiani, francesi, belgi, greci, jugoslavi, ungheresi, polacchi, austriaci, russi, albanesi, olandesi, svizzeri, lussemburghesi, il 16 maggio 1945, in occasione del rimpatrio del primo contingente di deportati, decisero di sottoscrivere, perché noi tutti, tutti i popoli della terra, si potesse vivere in pace, in una società democratica nella quale finalmente fosse realizzato quello che non era mai stato realizzato prima, cioè la partecipazione delle classi popolari alla costruzione di una società democratica.
Che significato ha, che significato può avere il cambiamento oggi della cerimonia per la liberazione del campo, in un momento di disgregazione politica ed ideale dell’Europa unita? In un momento in cui le crisi dovute all’euro, alla guerra in Ucraina, al terrorismo, ai profughi, hanno sfigurato il volto della casa comune e sollecitato egoismi?
Il significato della riaffermazione della solidarietà internazionale, delle dimensioni della lotta combattuta dai popoli contro il fascismo ed il nazismo, dei contenuti di valore di quella lotta, della sua capacità di promozione; lotta che fu di ciascun popolo quale componente di un’unica lotta del mondo intero contro la guerra, l’oppressione, la schiavitù, lo sfruttamento, la diseguaglianza e l’ingiustizia.
Pensavamo che il secolo del filo spinato e dei genocidi fosse stato il secolo delle dittature criminali del 900, superato dalla rivolta ideale e dalla lotta di coloro che al fascismo e al nazismo si erano opposti, sacrificando nella lotta la propria vita in nome della pace, della solidarietà, della giustizia, della convivenza fraterna.
Non ci sono, invece, principi e valori acquisiti per sempre. Assistiamo all’erezione di muri, di barriere di filo spinato: ieri in Ungheria, oggi in Austria. Riemergono derive populiste e xenofobe nei paesi baltici, nei Balcani, in Austria, in Germania, in Francia, in Serbia dove dopo otto anni ritorna in Parlamento il partito ultranazionalista di Sesely ed in Italia, dove Casa Pound, un gruppo nazi-fascista, ottiene alle elezioni comunali di Bolzano il 6,3% dei consensi: 3 consiglieri in consiglio comunale!
La casa comune di tutti i popoli della terra, pensata nel manifesto federativo di Ventotene per l’Unione Europea governata da istituzioni democratiche, l’ideale europeo, che fu una tra le grandi conquiste della pace, non è stato un processo inarrestabile.
Il crollo del muro di Berlino doveva essere un elemento emblematico nella coscienza dei popoli e dire a tutti che nessun muro è mai possibile erigere non solo per dividere uno stesso popolo, ma neppure per dividere, nella nostra epoca, l’epoca della globalizzazione, un popolo dagli altri popoli.
Oggi, delle quattro crisi che affliggono l’Europa, incapace di politiche serie, lungimiranti che escano dai confini di un miope tornaconto nazionalista: la crisi dell’euro, dell’Ucraina, delle migrazioni, del terrorismo, quella decisiva è quella migratoria.
È dal rifiuto o dall’accettazione di chi bussa alla nostra porta che potremo misurare la possibilità di rilanciare un progetto europeo.
“Sogno un’Europa di cui non si possa dire che il suo impegno per i diritti umani è stata la sua ultima utopia“- ha detto Papa Bergoglio – “Sogno un’Europa in cui essere migrante non sia un delitto, bensì un invito a un maggiore impegno con la dignità di tutto l’essere umano“.
“Che cosa ti è successo Europa?”
Questa è la drammatica domanda che Papa Francesco rivolge ai potenti del mondo che non sanno o non vogliono rispondere. Il nostro continente è disorientato intellettualmente, culturalmente, moralmente e spiritualmente.
L’Europa è “vecchia”, è un’Europa “nonna”, che, però, non ha acquisito la saggezza degli anziani, ma che ha perso la memoria, la memoria storica del suo tragico passato.
Ci sono mostri che per riemergere nella nostra vita quotidiana attendono solo – come scriveva Bertold Brecht – che la ragione si appisoli. Il sonno della ragione genera mostri.
Nel 70° anniversario della Liberazione i superstiti dei lager nazisti si sono riuniti a Milano, alla Casa della Memoria, il 3 maggio dello scorso anno, per riaffermare i valori che hanno difeso attraverso le loro sofferte testimonianze, perché la memoria degli anni terribili del 900 non debba morire insieme ai ricordi dei sopravvissuti, ma sia trasmessa, coltivata nello studio, nella ricerca e, soprattutto, nella scuola, e continui a costituire fonte di consapevolezza del valore della democrazia e argine contro nuove barbarie.
Il giuramento dei sopravvissuti di Mauthausen del maggio 1945, l’appello dei superstiti dei lager nazisti del maggio 2015 siano le coordinate della nostra vita, costituiscano il nostro impegno perché il prezzo pagato per la libertà possa avere un futuro.
Floriana Maris